L’art. 2051 c.c. afferma che ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che si provi il caso fortuito ed è applicabile anche in caso di insidia stradale (o trabocchetto). Quest’ultima non è un concetto giuridico, ma un mero stato di fatto che, per la sua oggettiva invisibilità e per la sua conseguente imprevedibilità, integra una situazione di pericolo occulto. In tale ipotesi l’insidia ha solo l’effetto di caratterizzare in fatto l’oggetto concreto dell’onore della prova a carico del custode, perché questo è tenuto a dimostrare, per liberarsi dalla responsabilità, l’insussistenza del nesso eziologico tra il suo potere di fatto sulla cosa, che ha prodotto o nell’ambito del quale si è prodotta l’insidia, ed il danno, in quanto determinato da cause non conoscibili né eliminabili con sufficiente immediatezza da parte sua, neppure con la più efficiente attività di vigilanza e manutenzione. A tal proposito si nota che l’ente proprietario di una strada aperta al pubblico transito ha l’obbligo di provvedere alla relativa manutenzione nonché di prevenire e, se del caso, segnalare qualsiasi situazione di pericolo o di insidia inerente non solo alla sede stradale ma anche alla zona non asfaltata sussistente ai limiti della medesima.
Sul punto il Supremo Collegio ha statuito quanto segue: “L’ente proprietario di una strada aperta al pubblico transito risponde ai sensi dell’art. 2051 c.c. per difetto di manutenzione, dei sinistri riconducibili a situazioni di pericolo connesse alla struttura o alle pertinenze della strada stessa, salvo che si accerti la concreta possibilità per l’utente danneggiato di percepire o prevedere con l’ordinaria diligenza la situazione di pericolo. Nel compiere tale ultima valutazione, si dovrà tener conto che quanto più questo è suscettibile di essere previsto e superato attraverso l’adozione di normali cautele da parte del danneggiato, tanto più il comportamento della vittima incide sul dinamismo causale del danno, sino ad interrompere il nesso eziologico tra la condotta attribuibile all’ente e l’evento dannoso (Cass., sez. III, 22 ottobre 2013, n. 23919)”.
In riferimento alle figure della insidia e del trabocchetto la più recente giurisprudenza ha escluso l’applicabilità dell’art. 2043 c.c. ed ha posto in risalto che l’utente della strada è tenuto soltanto a dimostrare il danno ed il nesso di causalità, perché sulla pubblica amministrazione grava comunque un obbligo di mantenimento delle strade in buone condizioni. Sul punto la Suprema Corte osserva quanto segue: “In altre parole, mentre l’azione ai sensi dell’art. 2043 c.c. comporta la necessità, per il danneggiato, di provare l’esistenza del dolo e della colpa a carico del danneggiante, nel caso di azione fondata sull’art. 2051 c.c. la responsabilità del custode è prevista dalla legge per il fatto stesso della custodia, potendo questi liberarsi soltanto attraverso la gravosa dimostrazione del fortuito. Ne consegue un’ovvia differenza in ordine ai tempi di indagine ed al riparto dell’onere della prova, perché nel primo caso il danneggiato dovrà attivarsi a dimostrare qualcosa, mentre nel secondo sarà il danneggiante a doversi attivare (Cassazione civile, sez. III 20/01/2014 n. 999 – vedi anche Cassazione civile, sez. IV – 3, sentenza 03.02.2015 n. 1896)”.
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